Pecorino romano: i conti non tornano. Pietro Tandeddu contesta i valori diffusi dalla stampa

Pecorino romano: i conti non tornano. Pietro Tandeddu contesta i valori diffusi dalla stampa
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A chiusura della campagna lattiero-casearia 2022-2023 (ottobre-luglio) riferita al latte ovicaprino e a seguito della pubblicazione dei dati definitivi di produzione di pecorino romano, sono stati forniti, in questi giorni, alla stampa locale, dati non rispondenti alla realtà che rischiano di portare a valutazioni errate.

Fermo restando che nell’annata appena trascorsa sono stati prodotti (dato inconfutabile) 366.330 ql. , è errato sostenere e comunicare che ciò rappresenti il massimo livello raggiunto nella storia produttiva del pecorino romano. L’annata casearia 1994-1995 aveva registrato una produzione di “ romano” pari a ben 384.314 ql. così come l’annata 2003-2004 una produzione di 381.836 ql.

Né è sostenibile che la produzione di latte si sia attestata in 267 milioni di litri. I dati BDN (Banca Dati Nazionale sulla consistenza del patrimonio zootecnico) indicano che il n. di capi ovini si è ridotto a meno di 3 milioni di capi (2.951.788 BDN al 31.12.2022, che prendiamo a riferimento perché riferiti ad annata aperta – i dati al 30.06.2023 danno un n. di capi di 2.873.647) a fronte di una consistenza di 3.318.025 secondo censimento ISTAT al 1 dicembre 2020 . Dando per veritiero il dato (non ne abbiamo altri, di ufficiali, mi pare, gli studiosi sardi (Università, Istituto Zootecnico Caseario oggi AGRIS, ex ARA Laboratorio) ci hanno insegnato nel tempo che la produzione di latte poteva essere calcolata moltiplicando il numero totale dei capi (appartenenti quindi a tutte le categorie) per 100 litri a “capo presente“; il che ci porta ad una produzione di circa 300 milioni di litri. Del resto la produzione ultima di pecorino romano non ha richiesto meno di 215 milioni di litri di latte. Sanno tutti che in Sardegna non produciamo solo pecorino romano, sebbene questo sia prevalente. Ogni caseificio sardo presenta al mercato una ventina di referenze (molli, caciotte, semicotti, o pecorino sardo, fiore sardo, ecc.).

Anche il sostenere che finalmente abbiamo dati certi per effetto dell’approvazione dei decreti ministeriali dell’agosto 2021 (decreti di attuazione dell’art. 3 della Legge n. 44/ 2019) non è del tutto corretto poiché quei decreti, che avrebbero dovuto essere approvati all’indomani del Regolamento comunitario 1308/2013, registrando un ritardo di 10 anni, sono stati rielaborati qualche mese fa per stabilire che fino a luglio di quest’anno non vi sarebbero state sanzioni a fronte delle comunicazioni. Perdonate la diffidenza ma l’assenza di sanzioni non produce “dati certi“. Ora, poiché la prossima campagna partirà ad ottobre e durerà fino a luglio 2024 è ragionevole pensare che avremo dati “veritieri“ a fine estate 2024.

Saremmo ben lieti di conoscere, come la legge prescrive, finalmente, i quantitativi di latte consegnato, quantitativi e tipologie di formaggi prodotti, giacenze; così come l’andamento dei consumi interni entro un quadro di caduta generale dei consumi di beni alimentari. Ciò anche al fine di valutare le possibili conseguenze dell’inversione di tendenza del prezzo del pecorino romano che, a partire dal mese di giugno, con riferimento ai prezzi medi, ha perso 0,80 euro/ Kg posizionandosi oggi su 13,25 €/Kg. Niente di allarmante davanti ad un prezzo superiore di 3 euro rispetto al parmigiano reggiano di 12 mesi di stagionatura.

Resta il rammarico di non aver visto durante questa legislatura alcun momento di confronto tra la Regione e la Filiera; se qualcuno pensa che i problemi del comparto sono strutturalmente risolti sbaglia di grosso. Un confronto ed un dibattito sereno può avvenire in momenti di “vacche grasse“, non quando si ha l’acqua alla gola. Ugualmente non si comprende perché il sottosegretario ministeriale La Pietra, dopo lunghi anni di silenzio, abbia voluto, meritevolmente, convocare il Tavolo di Filiera nazionale il 27 aprile per poi abbandonare il confronto.


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copagrisardegna

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